Un mazzo di narcisi

Il narcisismo è un comportamento adattativo che permette di mantenere la propria coerenza di sé. Kohut (1976) lo considera necessario ed essenziale per l’esistenza e il benessere psicologici, in quanto si manifesta in ideali e ambizioni molto salutari.  Esiste anche un disturbo di personalità narcisistica (Kernberg 1984) – che però nell’ultimo anno erroneamente non è più stato considerato un tratto psicopatologico dalla psichiatria ufficiale – di cui si occupa anche la canzone. Si mostra come un comportamento “estremo”, portato all’ennesima potenza ed è caratterizzato da 1. iper-valutazione e idealizzazione del sé; 2. un senso precario e fragile di coesione personale; 3. un’esagerata sensibilità e vulnerabilità nella sfera delle relazioni; 4. aspetti distruttivi che hanno il compito di impedire i rapporti dipendenti e mantenere svalutati gli altri; 5. una regolazione  emotiva scandita, nelle fasi acute del disturbo, da frammentazione, vergogna, terrore primordiale, esclusione dal gruppo, senso di diversità. Anche da rabbia manifesta e vendicatività e dal bisogno di stupire.
Il/la narcisista, dietro una facciata arrogante e altezzosa (“lei non sa chi sono io!”, “sono speciale”, “sono la più brava”), mostra un sé debole che cerca verifiche dagli altri e oscilla tra stati mentali di grandiosità da una parte e vuoto/vergogna/depressione dall’altra (“rischio di sparire”). La letteratura descrive ampie oscillazioni tra sentimenti di insicurezza e inferiorità e fantasie onnipotenti. L’isolamento, il vuoto e a volte la depressione sono condizioni striscianti (un sé errante in una terra desolata) che a tratti accompagnano la quotidianità in maniera inconsapevole di sé.
Ma è la danza amorosa ad essere peculiare e molto “pericolosa” in quanto rischia di far star male i partner e non far sorridere neppure coloro che questo tratto di personalità mostrano, uomini e donne. Immaturi ed estremamente vulnerabili sul piano relazionale ed affettivo, ricercano il pathos come elemento di identità, la relazione come salvezza. Entrano quindi in rapporti molto passionali con partner che li apprezzano a cui, all’inizio, danno il meglio di sé. L’altro esiste come prolungamento di sé o come salvazione verso un benessere assoluto, idealizzato e impossibile da raggiungere; è desiderato come “totalità originaria”, ma essendo troppo investito di aspettative salvifiche, inevitabilmente delude e diventa minaccioso proprio perché deludente. I narcisi tendono a mostrare quindi una iper-valutazione dell’amore e l’idealizzazione dei rapporti, accompagnata al terrore di dipendere da un’altra persona e dalla necessità conseguente di lasciare le relazioni, soprattutto se funzionano bene. Paura e attrazione per il distacco vengono quindi vissuti contemporaneamente. Una persona così, al culmine della sua sintomatologia, cerca ciò che non possiede e mostra insoddisfazione per ciò che possiede (“esclusivi, freddi, propongono un deserto emotivo”). La persona amata viene vissuta come limite, il narcisista non vuole nessun limite e per questo preferisce disinvestire/ sottrarsi che rischiare e scegliere. Il partner diventa anche, a volte, il capro espiatorio delle loro turbolenze, e viene colpevolizzato/a e punito per i problemi che i narcisi sentono di avere e che ascrivono più facilmente agli altri. Da qui nasce spesso nella coppia un circolo vizioso fatto di difese reciproche, scandite dalla necessità di allontanarsi, feriti sempre di più, ciascuno credendo di essere la vittima. Questa sbandierata indipendenza difensiva dominerà la loro vita. Il gioco di coppia sembra andar bene finché permane quella fusione che fa sentire il narciso assolutamente compreso e accettato. Quando il rapporto entra nella fase più matura e il rispecchiamento non sembra più indispensabile, la persona narcisista si sente in pericolo e, difensivamente, tende a stabilire un rapporto ripetitivo, spesso frustrante, fatto di allontanamenti e brevi ritorni, solo quando rischia di perdere definitivamente l’altro. Condivide coll’altro solo a tratti, quando vuole, e mette alla prova se stesso attraverso un isolamento difensivo, mette alla prova l’altro allontanandosi ad ogni costo (i pretesti per farlo a volte sono veramente macchinosi!) e controllando la relazione e le reazioni che suscita. Vanno meglio le unioni tra due narcisi in quanto ambedue sono fuggiaschi e spaventati, ambedue idealizzano i rapporti e pretendono il meglio. Usualmente si attestano su un rapporto di apparenza in cui si incontrano poco, fortemente e reciprocamente legati dal sesso e dal rinforzo reciproco. Questi rapporti possono andare inconsapevolmente bene a lungo ma interrompersi all’improvviso senza una ragione apparente. Due monadi che si incontrano con cautela e si chiedono il minimo.
Il paradosso sembra essere quello della difficoltà di conciliare l’impulso alla fusione con l’altro e il bisogno altrettanto urgente di individuazione (“devo mantenere uno spazio solo mio”). Come si possono coniugare questi aspetti antitetici? Mettendo, per esempio, molto spesso in dubbio la relazione, passando da un rapporto ad un altro, serialmente, oppure bloccando la relazione in un tempo ripetitivo e sempre meno denso. Sempre e comunque vivendo sulla propria pelle e facendo vivere al partner la difficoltà relazionale, considerata ineludibile. Ne derivano giochi relazionali “difficili” e una costante frustrazione nella coppia che non sa stare né con né senza l’altro (l’odio et amo di Catullo). Un altro modo per conciliare gli aspetti antitetici  di bisogno e fastidio nei confronti dell’altro è quello di accompagnarsi con persone che hanno già deluso in partenza (ancelle, persone meno interessanti di loro, “amorini”) che quindi non scatenano le loro paure, in quanto non rischiano di diventare oggetti di valore, persone troppo importanti per loro. Tutto questo, naturalmente, attraverso azioni non consapevoli e convinti di essere mossi da emozioni prorompenti e genuine.
Un narciso è quindi usualmente una persona molto intelligente e colta, capace di captare cosa accade nel mondo, informata, intuitiva, con una marcia in più. E’ anche affettivamente inaffidabile ed emotivamente “stupida”: è fascinosa ma nello stesso tempo inattendibile. Seduce esageratamente e abbandona ineluttabilmente. Sta meglio se bigamo in quanto rassicurato dalla paura dell’abbandono. E’ come se, avendo subito un abbandono molto precoce, i narcisi siano sicuri che verranno inevitabilmente abbandonati di nuovo, ogni volta, e quindi abbandonano per anticipare questo evento e non soffrirne troppo: si allontanano per non penare quanto hanno penato in culla (dolore di cui non si ricordano naturalmente, ma che ha costituito un imprinting). Quindi se ne vanno di professione, propongono momenti di interessamento e altrettanti momenti di pausa in cui negano il legame, anche per poter entrare con animo tranquillo in un’altra storia.
Come si diventa narcisi? La letteratura riporta che le prime esperienze di attaccamento sono state molto intense ma traumaticamente interrotte o deteriorate (per una separazione improvvisa, una morte, follia, malattia, per la nascita di un fratellino/sorellina bisognosi di cure) per cui si è minata la fiducia di fondo con la madre o con chi si occupava del neonato. Si è persa all’improvviso la relazione. Conseguentemente il bambino tenterà di essere esattamente come lo si vuole, si adatterà a valori e modelli non scelti ma implicitamente imposti, pur di farsi amare. Questi pattern relazionali precoci hanno portato il bambino a sopprimere prematuramente le caratteristiche infantili, a nascondere i propri bisogni e la naturale debolezza, per privilegiare modalità relazionali adulti-formi, rimanendo con la sensazione di essere stato ingiustamente deprivato, di essere intrinsecamente vulnerabile, di doversi difendere, in quanto debole e ferito, e di essere in debito col mondo. I futuri partner  ne faranno le spese: verranno accalappiati e poi resi insicuri, sedotti e abbandonati oppure ingannati.
Come si convive con un/una narcisa? Con cautela, non consegnandosi mai e mantenendo sempre e comunque una parte di sé molto privata; nello stesso tempo dedicandosi a loro e prestando loro molta attenzione. Rinunciando al desiderio di certezze; tenendo un piede fuori dalla coppia e non rinunciando mai alla propria autonomia; non sostituendosi a loro nella gestione del legame; non permettendo a nessuno di ricattarci. Un narciso grandioso (ottimista, di successo, solare, abbastanza attento agli altri, bisognoso di stimoli costanti, grandioso nell’organizzazione della vita, attento, curato) ha bisogno di una compagna/o che lo segua, lo coinvolga e gli dia spago, che sia una perfetta segretaria e lo consideri il suo dio. Può essere un partner stimolante ed è capace di stare in coppia, purché adorato e riverito, messo su un piedistallo (non a caso la narcisa della canzone ha una serra a cinque piani!!). Un narciso depressivo (oscillante nell’umore, solipsistico, sensibile, lunare, sciatto, svalutante, tendente alla depressione spesso accompagnata da un movimento autodistruttivo che amplifica il senso di non valore di sé fino ad arrivare alla sensazione di non essere “nulla”) ha bisogno di stare ciclicamente solo e di venir spesso rassicurato della sua amabilità, per cui abbandona e tradisce. Ambedue le tipologie stanno meglio se bigami in quanto rassicurati nella loro paura dell’abbandono: se una delle due persone mi abbandonerà c’è almeno l’altra.  Due partner inoltre confermano di più, offrono più stimoli, permettono la varietà e escludono il rischio della noia.
La noia è uno degli spauracchi dei narcisi, che hanno bisogno costante di stimoli e di progetti grandiosi che li proiettino in un futuro ricco di possibili conferme ed onori. Per questo, per dare cibo alla loro insaziabile angoscia, sono spesso molto informati e molto capaci se viene dato loro una posizione di responsabilità. Un impegno che li tiene occupati è la preoccupazione per la salute. Mostrano infatti spesso angosce ipocondriache, preoccupati rispetto ad una debolezza fisica che rispecchia e amplifica la loro debolezza psichica, che è assolutamente inconsapevole.
La depressione serpeggia in ambedue le tipologie e accompagna tutti i movimenti che hanno a che fare con la stabilità del processo identificatorio e la permanenza del sentimento di sé. Si tratta di un sentimento profondamente pervasivo, uno stato di sottofondo che il narcisista tende a non riconoscere/rivelare sia per la sua intrinseca incapacità di identificare emozioni, scopi e desideri, sia per paura che diventi visibile agli altri, sia per la vergogna che venga sdoganato e non possa più interrompersi. A volte questa depressione si esplicita attraverso un atteggiamento autolesivo, come un treno lanciato a tutta velocità contro un muro. Questo atteggiamento autolesionista sembra invaderli malgrado se stessi; lo percepiscono come uno stato d’animo su cui non hanno nessuna presa e nessuna possibilità di intervenire (costante- mente vicini all’abisso).
Come genitori pretendono molto, chiedono ai figli di essere “eccezionali” e di adeguarsi ai loro bisogni e alle loro aspettative. Considerano i figli molto importanti purché si adattino e meritino onori e ammirazione. Tendono a pensare che tutto vada bene, sempre, non si aspettano scenate e momenti di empasse; non guardano/vedono i figli per come sono ma per come loro li vorrebbero. Sono quindi poco affettivi, incapaci di compassione, pretendono molto e tendono ad adultizzare i loro figli che non saranno quasi mai trattati da bambini. Così raramente faranno un regalo e tenderanno a dimenticarsi gli anniversari e i compleanni, quasi che gli dessero l’orticaria.
Un narciso come amico può essere solido e attento ma condividerà porzioni di vita solo quando vorrà e non sarà mai un amico stretto e quotidiano. Il peggio di sé lo darà solo al/alla partner, mentre userà gli amici come specchio per confermare la propria eccezionalità. Sarà quindi un buon orecchio se vorrà impressionare per la sua sagacia, sarà disponibile a fare cose fuori dall’ordinario per permettere agli altri di ammirare il suo coraggio e la sua inventiva, si coinvolgerà in avventure curiose e cercherà di essere sempre il migliore, il più lodato, quello più spiritoso … Nella coppia tenderà a frequentare i propri amici e squalificherà quelli del/la partner.
Sul lavoro, come partecipante ad un’equipe, potrebbe dimostrarsi problematico in quanto avrà maggiori difficoltà di altri a collaborare alla pari e potrebbe tramare alle spalle dei colleghi per mettersi in mostra e perché tende a sentire una scarsa lealtà al gruppo. E’ un lupo solitario, un ottimo capo che sa districarsi nelle situazioni di crisi e nei momenti di empasse. Può delegare se si sente ammirato e se la collaborazione si manifesta anche su un piano affettivo, altrimenti potrebbe cambiare le carte in tavola, “tradire”, sconvolgere i piani pur di tornare sotto i riflettori. Detesta la routine e non la sa gestire, è usualmente eccezionale nei momenti critici, in cui gli altri potrebbero perdersi in un bicchier d’acqua.
C’è una differenza nel narcisismo tra femmine e maschi? Assolutamente si. Culturalmente il narcisismo maschile è sempre stato un tratto socialmente rinforzato in quanto portava al successo e a curricula fuori dal comune. Una personalità narcisa ha spesso avuto più possibilità di altri di avere successo, di raggiungere vette inesplorate, si impegnarsi per venir lodato. Poche donne avevano bisogno di questo aspetto nel diciannovesimo secolo, anche se esistono personalità femminili fuori dal comune che potremmo certamente ascrivere alla categoria: Lou Salomé (amica di Freud e Nietzsche), Alma Mahler (la moglie del famoso compositore, amante dei grandi dell’epoca), Karen Blixen (la scrittrice de La mia Africa), Mata Hari (la leggendaria spia), grandi artiste come Greta Garbo, Ava Gardner, Eleonora Duse, Maria Callas, oppure grandi donne di grandi casate che  imperavano sul loro regno privato. Nel ventunesimo secolo possiamo dire che il narcisismo è stato sdoganato anche per le donne, che sono state chiamate ad entrate nella sfera pubblica, a mettersi alla prova, ad eccellere, a giocarsela. Questo tratto di personalità si manifesta comunque in maniera smussata rispetto agli uomini. Se diciamo che un  narcisista non ha costruito un oggetto fuori da sé, una donna è biologicamente costruita al dialogo in quanto può mettere al mondo un figlio, è capace biologicamente di entrare in relazione. Ogni donna è culturalmente educata ai sentimenti e all’accudimento anche se negli anni passati le donne hanno dovuto – per obblighi sociali – “lavorare nell’ombra”, non mettendo in piazza il loro potere. Nel descrivere le loro caratteristiche narcisistiche dobbiamo evidenziare la scarsa attenzione agli altri, la freddezza, il distacco, la tendenza al calcolo, la non assunzione di responsabilità rispetto al loro godimento della vita, l’insoddisfazione, la delusione come lente per decodificare ciò che accade. Accenniamo anche ad una modalità consumistica del vivere che esige una soddisfazione immediata (Telfener 2006).
Viviamo in una società narcisista (Lash 1979) che rinforza l’egocentrismo, considerato come un aiuto a vivere, condimento indispensabile a farlo bene. Non si tratta di demonizzare il narcisismo, si tratta di moderarne le dosi in modo che non diventino mai “esagerate”!

Bibliografia

Lasch C.,1979, La cultura del narcisismo, Bompiani, Milano.

Kernberg O. F. (1984), Sindromi marginali e narcisismo patologico, Bollati Boringhieri, Torino.

Kohut H. (1976), Narcisismo e analisi del sé, Bollati Boringhieri, Torino.

Telfener U. (2006), Ho sposato un narciso, Castelvecchi, Roma.

Telfener U. (2013), Gli amori briciola, Magi editori, Roma.

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