La psicoterapia come pratica ricorsiva di Marco Bianciardi, Umberta Telfener

di Marco Bianciardi e Umberta Telfener

Mancava un libro trasversale sulla psicoterapia, un libro che non prospetti un ‘nuovo’ modello ma che suggerisca una lettura del processo in termini riflessivi, posizione utile se non necessaria in ogni modello. Proponiamo quindi questo libro che suggerisce come la psicoterapia si caratterizzi come pratica riflessiva, e ciò indipendentemente  dai singoli approcci. Rilegge la pratica clinica utilizzando concetti di second’ordine: la meta-cognizione, la consapevolezza della propria ignoranza, l’intuito; ma anche la diagnosi della diagnosi, il prendersi cura del processo di cura e la responsabilità di una co-responsabilità. Concetti che possono rendere lo psicoterapeuta più consapevole, flessibile, umile, rispettoso, responsabile e utile a chi si affida a lei/lui. Perché nel processo di cura il terapeuta – a qualunque indirizzo teorico aderisca e qualsiasi tecnica utilizzi – deve esercitare l’arte di scegliere e riconnettere tra loro elementi pregnanti per il rapporto di aiuto.

Analizziamo la specificità della pratica psicoterapeutica ed evidenziamo come il clinico partecipi attivamente a intessere la narrazione su cui lavora, dopo aver ragionato su come la ‘realtà psichica’ non per-esista alla relazione ma venga creata e ri-creata nel qui e ora dell’incontro. Proponiamo alcune posizioni necessarie alla riflessività, posizioni nei confronti della conoscenza che lo psicoterapeuta deve assumere, al fine di mettere in atto un processo ricorsivo e non cadere nella trappola di reificare la ‘realtà’ soggettiva del cliente. Sottolineiamo la necessità di riflettere sulle proprie premesse e sulle mosse messe in atto, l’umiltà di riconoscere la propria ignoranza ma anche l’intuito che deriva dal non sapere di sapere e l’inevitabile rischio collusivo delle inevitabili nostre zone cieche.

La posizione costruzionista di Marco Bianciardi e Umberta Telfener parte proprio dall’essenziale non-linearità tra problemi presentati e trattamento ed implica la rinuncia a protocolli invarianti e standardizzati e il ricorso a interventi creativi, insaturi e perturbanti. Perché la clinica diventi una buona prassi occorre innanzi tutto «prendersi cura del processo di cura», ossia sottoporla a una costante valutazione ricorsiva o di secondo ordine, che operi sulle proprie operazioni, tra rigore e flessibilità, accettando come un dono l’equilibrio felicemente instabile tra le proprie conoscenze, la propria ignoranza,  le zone cieche e la processualità in atto.

Il rispetto per l’irriducibile autonomia dell’altro, il riconoscimento dell’unicità dell’esperienza soggettiva, portano a considerare la responsabilità dello psicoterapeuta come una responsabilità soprattutto epistemica: la psicoterapia diventa  una pratica etica piuttosto che scientifica o medica.

Proponiamo un libro che riflette sulle operazioni comuni ai diversi modelli clinici.

Il libro si divide in tre parti, coerenti con i livelli di analisi di ogni psicoterapia. La prima parte è epistemologica e una riflessione sul processo del conoscere; segue poi una parte nella quale si riflette sulla relazione terapeutica, sulla diagnosi e sul cambiamento, tre aspetti della teoria della tecnica. Nella terza – densa di esempi – focalizza sulle buone pratiche e propone alcune operazioni cliniche coerenti con la complessità del processo di cura. Si tratta appunto di quelle operazioni che favoriscono la prassi riflessiva.

Ogni capitolo è scritto da uno degli autori e i capitoli si differenziano per stile e approfondimento, in una complementarietà a nostro parere utile al lettore.

INDICE

Il percorso che ha portato a questo libro

Presentazione

Rigore e flessibilità

Prevedibilità dell’esito e imprevedibilità del processo

Una ‘cura’ che non ha le caratteristiche della cura.

Cura con la parola e sua impossibilità

Tirando le somme

            I PARTE: LA TEORIA

  1. Lo specifico della pratica psicoterapeutica

Lo  specifico  della professione  psicoterapeutica

L’umiltà come atteggiamento scientifico

L’ impossibilità del conoscere l’altro

Un atteggiamento di autentico rispetto

‘Sapere di sapere’ e ‘sapere di non sapere’

La psicoterapia è una professione semplicemente  ‘riflessiva’ ?

  1. Prendersi cura di ciò che stiamo partecipando ad intessere

Occuparsi di ciò che non ha realtà materiale

La ‘realtà psichica’ non esiste bensì ex-siste

La ‘realtà psichica’ non per-siste al di fuori della relazione

La ‘realtà psichica’ viene creata e ri-creata nel qui e ora

L’imprevedibile prevedibilità della realtà psichica

Complessità del vivente e semplificazione cognitiva

  1. Sapere di non sapere

Elogio dell’ignoranza

L’interesse per l’incommensurabile ricchezza dell’esperienza soggettiva

Il rispetto per l’irriducibile autonomia dell’altro

Il riconoscimento dell’unicità dell’esperienza dell’altro

Sapere di non sapere è un dono della relazione

Abitare il nodo tra sete di sapere e elogio dell’ignoranza

  1. Sapere di sapere

Dia-gnosis: conoscere attraverso

L’operazione logica che crea il sintomo

La responsabilità dello psicoterapeuta come responsabilità epistemica

Le descrizioni partecipano a definire la ‘realtà psichica’

Rischi iatrogeni

  1. Non sapere di non sapere: accettare le zone cieche e favorire l’intuito

Consapevolezza di essere ciechi oltre che ignoranti

Tenere sempre a mente possibili eventi inattesi

Gli esiti indesiderati

Non sapere di sapere

            II PARTE: TEORIA DELLA TECNICA

  1. La relazione terapeutica come azione riflessiva

Alcuni costrutti di base

La riflessività come strumento

Il pattern di collegamento, costruire un circuito basato sulla domanda

La molteplicità: assumere più posizioni

Uso del sé da parte del clinico (La trasparenza, l’irriverenza, far emergere una workable reality, rispettare sé e l’altro, la spontaneità e l’autorevolezza)

  1. Scelte e percorsi: la diagnosi della diagnosi

La diagnosi come scelta soggettiva di segnali

A – Diagnosi come lettura del pattern di collegamento

B – Diagnosi come analisi del sistema osservato

C – La diagnosi sulla relazione, sul sistema osservante

D – La diagnosi della diagnosi

La diagnosi come organizzazione di segni

La diagnosi come processo

  1. Il cambiamento del cambiamento

Il desiderio dello psicoterapeuta

La non istruttività dell’incontro psicoterapeutico

Cambia te stesso!

Libertà di pensiero

L’obbedienza alla relazione

Libertà vs. acontestualità

Cambiare il proprio modo di cambiare

            III PARTE: LE BUONE PRATICHE

  1. Operazioni necessarie e non sufficienti ad una buona prassi: cosa facciamo già

Considerarsi comunque parte in causa

La connessione tra azioni e premesse

La fiducia negli umani e nel cambiamento

Un’idea complessa di problema oltre che di umano

L’analisi della domanda come strumento per  accedere al rapporto

Definire/scegliere la propria posizione, il positioning

Lavorare sullo spigolo che emerge

Lo sguardo processuale: il piacere della danza

Strategizzare come operazione per mantenere evolutivo il processo

Domande come interventi

Il prendere in carico

Setting flessibile e partecipato

  1. Operazioni necessarie e non sufficienti ad una buona prassi: operazioni sulle operazioni

Agire riflessivamente

Uscire dal razionalismo

Amplificare l’emotività

Usare il linguaggio per riflettere sul linguaggio

La leggerezza, la capacità di non saturare

Cercare il sistema di coerenze del paziente

Cercare anche l’integrità del neonato sistema terapeutico

Mantenere un atteggiamento di ricerca attiva

Proporre azioni terapeutiche oltre che parole

Lo scambio dei doni e l’uso di rituali

Identificare parametri di “guarigione”

Curare la propria crescita personale

      CONCLUSIONI: La responsabilità della responsabilità

 

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